La settimana scorsa siamo andati a vedere la mostra fotografica “Inoltre” dedicata ala ex Iugoslavia e realizzata da Ipsia e Terre e Libertà.
E’ piuttosto complesso comprendere le ragioni che portarono alla guerra nella ex-Iugoslavia, una nazione a soli pochi chilometri dall’Italia e con cui molte erano le relazioni e gli scambi.Se chiedete agli adulti molti vi diranno che ci andavano in vacanza.
Eppure una guerra inattesa, secondo molti, ha portato alla divisione del paese e alla nascita di nuove nazioni con costi altissimi in termini di numero di morti, di vittime e di violenze. Fra il 1991/92 e il 1995 (Accordi di Dayton) una guerra divide le persone che prima coabitavano, si mescolavano all’interno delle città, dei paesi e delle famiglie. L’assedio alla città di Sarajevo è da tutti ricordato per la durezza e la crudeltà con cui fu portato avanti, ma anche nel resto del paese la guerra portava la sua distruzione e il suo scompiglio.
Eppure i cittadini, gli uomini e le donne hanno spesso cercato vie per resistere, per difendere la propria dignità di persone, per vivere, disobbedendo agli ordini, aiutando i vicini e gli amici di altri gruppi diventati nemici, cercando modi per mantenersi vivi e attivi.
Ripensando alla mostra che cosa vi ha colpito in modo particolare?
Quale foto vi è rimasta impressa? Provate a raccontarla.
Della mostra mi ha impressionato anche quello che ha detto la guida di cosa succedeva quando c’era la guerra in Iugoslavia.
Ci ha raccontato che ad un tratto arrivavano dei soldati in casa tua, ti dicevano di prendere un sacchetto e di metterci dentro lo stretto indispensabile e poi la casa era loro.
Poi ci ha detto che le persone dormivano tutte insieme in un salone e avevano solo un bagno a disposizione.
Se avevi dei soldi con te, dovevi per forza darli ai soldati senò ti minacciavano.
Se mi fossi trovata in una situazione così non so cosa avrei fatto.
Sarei scappata? Forse ma mi avrebbero presa comunque con un proiettile, pensando tutto ciò ho provato una tristezza incredibile.
Queste persone erano vittime di ingiustizie le bambine anche della mia età venivano violentate delle persone uccise.
Ho capito cosa vuol dire veramente sopportare una guerra perchè raccontata fa tutto un altro effetto.
L’immagine che mi ha colpito di più è stata quella del ponte distrutto.
Perchè secondo me è ingiusto distruggere qualcosa di così importante per una città.
Mi ha colpito molto anche l’immagine del signore sopra il ponte (ricostruito) pronto a lanciarsi giù nel lago, la guida ci ha detto che quel signore non si voleva suicidarsi ma si faceva pagare proprio per buttarsi.
Mi ha impressionato questa foto perchè dimostra la povertà che c’è ancora tutt’ora nelle città non poco lontane da noi.
L’immagine che mi ha colpito di più nella mostra è Stata quella dove si vedeva una casa tutta intatta,bella,costruita ecc… e al fianco tipo a 5 metri di distanza c’era una casa tutta distrutta!!
La prima domanda che mi è venuta in mente è stata:Che strano,perchè c’è una casa distrutta e una no!!??
E la risposta mi è arrivata poco dopo,in Jugoslavia erano presenti nella nazione varie etnie ed ad esempio Se in Croazia vivevano dei mussulmani le loro case., i loro ricordi,monumenti venivano distrutti.
La mia reazione se fossi stata li sarebbe stata di rabbia come prima cosa non sarei riuscita a vivere con questo dolore dentro.Mi sarebbe venuta voglia di distruggere la casa ai signori di fianco per VENDETTA!!
Sarei stata malissimo e sarei scoppiata a piangere,perchè è davvero un’ingiustizia!
A me l’immagine che mi ha colpito di più è quella con tutte le lapidi biance e verdi, perchè mi fa capire due cose: la tragedia che c’è stata durante la guerra e poi le lapidi verdi perchè mi hanno spiegato, che, quelle verdi, erano di un’altra religione e mi ha colpito il fatto che anche se diversi si condivide tutto.
La foto che mi ha colpito di più è stata quella della sede del Parlamento per metà distrutto. La prof. Lugarini ci ha anche detto che la sede e l case bruciate/distrutte si trovano proprio all’inizio della città di Sarajevo. Sarajevo è la capitale della Bosnia-Erzegovina, è una città sviluppata in senso orizzontale ed è attraversata da un fiume il cui nome è Miljacka.
Dopo aver ascoltato, per anni, tutte le sofferenze a cui Sarajevo è andata incontro, ci si potrebbe giustamente chiedere se la città valga una visita turistica. Anche se è vero che la guerra è andata avanti per anni e ha fatto danni ingenti, questi danni riguardano più la psiche dei suoi abitanti che non le costruzioni della città stessa. Bascarsija, il vecchio centro di Sarajevo è stato completamente restaurato ed oggi è un’area molto bella e viva da scoprire. Ferhadija è la più elegante strada di Sarajevo, in stile mittel-europeo, con caffé eccentrici alla moda e negozi ricercati. Solamente la zona dei palazzi governativi e le periferie risente in parte dei danni della guerra. Durante l’assedio della città una agenzia matrimoniale del posto pubblicizzava i suoi servizi così: “In questo mondo di guerre e morte l’unica cosa che ha un senso è fare l’amore.”
La nascita di questa città non è avvolta nel mito come altre. Il suo fondatore e primo governatore, Isa-bey Isakovic costruì nel 1461 gli edifici più significativi quali la moschea, il mercato coperto, i bagni pubblici e il castello del Governatore (chiamato saray) dal quale deriva l’odierno nome della città. Furono uniti i villaggi presenti e trasformati in una capitale. Poco più tardi, dal 1521 il grande benefattore e governatore Gazi Husrev-bey, promosse la costruzione di moltissimi edifici, che ancora oggi rappresentano l’asse portante di Sarajevo.
Quando l’Europa stava sperimentando il Rinascimento, c’erano solo tre o quattro villaggi tra la valle tra Hum e il monte Trebevic, allora chiamato Zlatni. Poi dal 1500 architetti e costruttori edificarono il volto di Sarajevo.
Prima della guerra, la ricca storia della città la si vedeva rappresentata nelle moschee, nei mercati e nel vecchio e pittoresco bazar turco. Il lungofiume era rimasto quasi inalterato dal 1914, data del fatidico assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, e 70 anni dopo, quando Sarajevo tornò a richiamare l’attenzione del mondo ospitando le Olimpiadi invernali del 1984, si potevano ancora visitare i luoghi del’attentato che originò la Prima Guerra Mondiale. Per secoli a Sarajevo erano convissuti pacificamente musulmani, serbi, croati, turchi ed ebrei: una tradizione di tolleranza ridotta in cenere durante la recente guerra civile che nel 1992 ha provocato quasi 100.000 morti nell’intero paese. Sarajevo è stata dal 1992 al 1996 sotto assedio: le forze del governo bosniaco, che aveva dichiarato l’indipendenza dalla Jugoslavia fronteggiavano l’Armata Popolare Jugoslava e le forze serbo-bosniache che cercavano di distruggere il neo-indipendente stato della Bosnia-Erzegovina e creare la Repubblica Serba. Nella sola Sarajevo ci sono stati oltre 12.000 morti e oltre 50.000 feriti. Nonostante gli oltre tre anni di barbaro assedio, Sarajevo ha riconquistato la normalità e i turisti affluiscono numerosi. I primi a venire a Sarajevo furono i “curiosi di guerra”, interessati a vedere subito i luoghi resi tristemente famosi dal conflitto, con il tempo e un po’ di fortuna Sarajevo è ritornata una metropoli vivace.
Per contunuare a leggere il testo visitate questo sito: http://www.informagiovani-italia.com/Sarajevo.htm
Provate a ricordare un’immagine, una foto o ripensate alla cartina e provate a raccontare una storia. Immedesimatevi, “entrate” in qualche modo nella foto e provate a raccontare.
A me ha colpito l’immagine di tutte le bare bianche, mi ha colpito perchè un tutta la mia vita non avevo mai visto così tante bare,
Saretta98 scrive:
3 giugno 2011 alle 08:58
“Stavo camminando a testa bassa cercando di non mettermi troppo in vista per la paura che i cecchini da un momento all’altro decidessero che io dovevo morire e che non avevo più diritto di passeggiare per le strade.
Da quando l’esercito assediò Sarajevo era la prima volta che uscivo di casa perchè mia madre aveva paura e quindi io giocavo tutto il tempo a casa con le poche cose che avevo:macchinine, pennarelli….
Oggi ero uscito perchè mia madre aveva preso il rafreddore e io dovevo andare in farmacia per prenderle lo sciroppo.
Mi chinai un attimo ad allacciarmi le scarpe e le mie orecchie sentirono uno scoppio enorme.
Non capivo cosa fosse successo finchè non vidi davanti a me la biblioteca bruciare.
Non bruciava in modo tranquillo e calmo le ventate di vento facevano aumentare le fiammate, dalle finestre una fiamma enorme mi terrorizzava mi fissava come per dire che la fine di Sarajevo era vicina,io non ci volevo credere ma….
Caddi a terra dal dispiacere la biboteca era il luogo che preferivo al mondo, perchè potevo prendere dei libri senza pagarli e lì c’era tanto silenzio,e adesso stava bruciando lentamente e io non potevo fare niente per fermare tutto ciò.
Infine le ultime pareti della bibioteca caddero e io con loro.”
Questo testo l’ho creato guardando la foto dal libro della prof.che mostrava come hanno distrutto la bibioteca.
“Mi sento in colpa.
Tutto
iniziò quando i miei vicini di casa ebbero dieci minuti per uscire di casa e mettere in un sacchetto le cose per loro più importanti.
Io ero affacciata alla finestra e lo sguardo della mia amica che mi fissava attentamente, cercando aiuto, mi incuteva paura.
Perchè se ne stavano andando? A me stava simpatica e soprattutto dopo l’assedio ci trovavamo in casa nostra per giocare, e adesso era lì con un sacchetto in mano e un mitra puntato alla testa.
Andai correndo dai miei genitori per chiedere cosa stesse succedendo, vidi che ridevano alla vista di quello spettacolo terrificante.
Provai a chiederglielo lo stesso e loro risposero che erano croati e che i croati non hanno il diritto di vivere.
Non riconobbi più mia madre,quella persona che mi aveva allattato, che mi curava, che mi cresceva,era cambiata ed in peggio.
La notte arrivò presto e io andai a dormire ma pensai a dove dormiva quella povera bambina.
In piena notte sentii un botto e mi precipitai alla finestra e non vidi nulla, la casa davanti a noi non c’era più se l’era mangiata il buio. Quella famiglia croata era svanita nel nulla, ogni giorno aspettavo il loro sorriso sotto casa nostra ma non c’era, era sparita.”
Questo testo invece l’ho fatto guardando la foto dove si può notare una casa completamente distrutta ed una intatta.
“Mi vergogno.
Da quando è iniziata la guerra mi rinchiudo in casa, ho paura della morte.
Mio fratello va a giocare in piazza senza terrore di essere ucciso ,ed è più piccolo,mentre mia madre continua a fare il suo lavoro, la pescivendola, certo il pesce diminuiva ma il suo impegno e il suo entusiasmo nel vendere quel pesce faceva diventare la guerra una cosa bella.
Io invece ero a casa in un angolo terrorizzata dal fatto di essere uccisa da un giorno all’altro se i cecchini lo avessero voluto.
Tutte le sere Andrea,mio fratello, mi invitava a giocare fuori spiegandomi quanto si divertivano e che se un cecchino li voleva uccidere erano lì pronti ad aspettarlo.
Quel coraggio non so proprio dove lo trovasse ,ma aveva ragione non posso stare più in casa devo far vedere ai cecchini chi sono e dimostrandogli che non ho paura di loro,è come se fosse una sfida personale,ed io la vincerò.
Il sole era sorto feci colazione mi vestii e aprì la porta ero emozionatissima di vedere i miei amici,feci un passo poi un altro e continuai fino ad uscire dal palazzo.
Il sole risplendeva nei palazzi,non alzai lo sguardo per vedere dove fossero i cecchini,se mi volevano uccidere io ero lì.
Iniziai a respirare l’aria profondamente era fresca, buona, sapeva di Sarajevo.
Raggiunsi i miei amici e insieme giocammo a campane,palla prigioniera e infine saltammo la corda.
Avevo fame e allora andai a prendere qualcosa dalla bancarella di mia madre,quel pesce mi attirava, mi sorrideva ed io ne presi uno.
Mia madre me lo cucinò e il risultato fu delizioso.
Feci un giro per il mercato, non per comprare ma per vedere il sorriso della gente la vivacità l’allegria che da molto tempo non vedevo, mi era mancata.
Tornai a giocare e la sera stava per raggiungerci mi voltai e non capii più niente ero a terra. Qualcosa mi aveva colpito.
Dal petto mi usciva del sangue, avevo capito ma non mi interessava perchè io avevo vinto quella sfida, io mi ero divertita e loro non mi avevano ostacolato,mi ero divertita avevo visto la felicità nei volti, basta, potevo morire.”
Questo testo l’ho fatto guardando l’immagine della gente che continua la sua vita lavorando al mercato e i ragazzi giocando e ridendo.
Prof.cancelli il testo precedente ho inviato senza corregerlo questo è quello bello e corretto.
Molto molto belli Sara i tuoi testi, Non ti nascondo che mi sono venuti i brividi! Brava
L’immagine che mi ha colpito raffigura dei bambini/e che si danno la mano e sono in cerchio. Mi ha colpito perché anche con la guerra che porta sofferenza anche i più piccoli hanno resistito al pianto dimostrando la loro forza.