Scrittori, cantautori, artisti, fumettisti…in tanti modi si è cercato di “raccontare” le vicende della Shoah.

Con molta forza anche alcuni sopravvissuti hanno raccontato.

Nel primo video Francesco Guccini canta “Auschwitz”. Ho scelto questo video perché non ha immagini sui campi che sono raccontati solo dalla musica.

Nel secondo Liliana Segre racconta della vita al campo e di come sia sopravvissuta.

16 Commenti a “Una canzone e una testimonianza…Auschwitz”

  • Mask scrive:

    Volevo dimenticare cosa avevo visto nel film “Il bambino con il pigiama a righe”,ma purtroppo bisogna ricordare le cose accadute per non fare gli errori accaduti nel tempo.Quello che hanno fatto i nazzisti agli ebrei e una cosa ignobile.

  • Mask scrive:

    Per mè, la canzone ti fa capire cosa facevano e cosa provavano gli Ebrei quando andavano verso il campo di concentramento.
    L’intervista mi ha fatto riflettere su cosa succedeva, a chi era nel campo.

  • Trottolina98 scrive:

    Secondo me questa intervista è stata molto interessante perché mi ha fatto capire che cosa provava una ragazza, di tredici anni, in un campo di concentramento.
    Liliana dice di essere fiera del suo numero quando era nel campo ma racconta che poteva toglierlo, ma non lo fece.
    Dalla voce si sente che è dura parlare di una parte brutta della sua vita, infatti racconta che poco prima della sua cattura era stata separata dal padre.
    Adesso vi faccio una domanda: ma voi all’età di tredici anni, sareste stati in grado di sopravvivere da soli in un campo di concentramento?
    Io no, perché senza nessuno che si prenda cura di te, cresci senza l’amore di un padre e una madre.

  • Trottolina98 scrive:

    Io non so se sarei riuscita ha raccontare, un così brutto periodo della mia vita, ma Lilana c’è riuscita e deve essere fiera di lei perchè con la sua piccola testimonianza, potrebbe far capire a tutti che questo orrore non deve capitare mai più

  • Saretta98 scrive:

    io ho riletto le due interviste e ho ragionato l’espressione in cui queste due persone raccontano la propria vita ,sono orgogliose e soprattutto la signora non si vergogna del numero che portava al campo di concentramento,le pesava un pò,ma lo fa rimpiangere ai tedeschi perchè lei per aver sterminato così tante persone solo per il gusto di farlo.
    La signora Liliana è stata molto fortunata a sopravvivere ma la cosa che mi ha colpito di più è stata che nemmeno lei lo sa perchè dice che non aveva fatto niente di speciale e che era la più sciocca ma per grazia ricevuta,dice,mi hanno scelto per i lavori forzati.
    Un’altra cosa che mi ha colpita molto è stata che non è riuscita ad uccidere una persona che la teneva rinchiusa perchè in quei pochi secondi è riuscita a capire la differenza tra lei e i suoi assassini, lei non avrebbe mai avuto il coraggio di uidere una persona che era uguale a lei,infine dice che il numero che le hanno assegnato non è solo un tatuaggio ma gli rimarrà per sempre nella memoria.
    Adesso vorrei fare una domanda a voi,sareste mai riusciti,senza la presenza di un genitore, a crescere e a raccontare al mondo intero ciò che vi è capitato?

  • Trottolina98 scrive:

    Secondo me l’intervista a Liliana è stata molto utile, perchè ci ha fatto capire che la differenza tra lei e i tedeschi è che lei non sarebbe stata in grado di uccidere il suo assasino.
    Lei dice di esssere fiera del suo numero anche se a volte si imbarazzava a portarlo.
    Da questa intervista si capisce di più quali sentimenti provi, ad essere rinchiusa in un campo di concentramento alla nostra età.

  • Brik scrive:

    NIENTE HO CAPITO GRAZIE !!!! :p

  • Brik scrive:

    CM SI FA A FARE FACCINE :( :( :( :( :(

  • Brik scrive:

    Nella canzone il cantante sembrava essere le parole con la dolcezza con cui la cantava.Non si capiscono molto le parole ma in alcune parole invece si sente il dolore della prigionia in altre la gioia ndella liberazione.
    Nell’intervista a quella signora si capisce molto ciò che LEI!!!!! provava non l’idea comune.
    lei ragazzina viene separata dal padre per la 2^ volta.
    Quanti di noi avrebbero trovato la forza di contiuare la propria vita come sempre, a 13 anni?
    E’ bello sapere che non in tutte queste storie c’è tristezza ma anche un fonde di “lieto fine”.

  • Margy98 scrive:

    Secondo me questa intervista (cioè quella della signora) è molto istruttiva e molto chiara di che cosa succedeva nel campo di concentraemento dove era stata rinchiusa durante la sua gioventù.
    La signora è molto chiara e specifica cosa le facevano fare. Questa testimonianza mi ha fatto capire ancora di più cosa succedeva nei campi mi ha colpito molto anche quando ha detto che hai suoi piedi c’era il generale tedesco e al suo fianco la pistola; voleva sparargli per l’odio e la vendetta che provava ma non lo ha fatto perchè ha capito che la loro differenza era proprio questa cioè che lui uccideva le persone e lei invece no.

  • Mumu scrive:

    Brik ha ragione ma del resto bisogna tener vive le proprie idee, fare il cagnolino del più forte è molto più semplice che ribellarsi alle ingiustizie e all’ inciviltà. Ricordati Brik che non sempre bisogna imboccare la strada più semplice per non affrontare i problemi e non poter dire mai la tua.
    Comunque anche a me pare ingiusto ciò che ha fatto Hitler, la signora Liliana è stata fortunata ad essere soppravissuta allo steminio, lo ha ammesso lei stessa mentre altri non sono stati così fotunati, sono finiti nelle camere a gas oppure nelle fornaci a bruciare e in alcuni casi erano costretti a vedere le fiamme che li avrebbero condotti verso la morte.
    Noi ne parliamo ma vivere nei campi di concentramento è tutt’altra cosa, noi possiamo solo immagine cosa significhi perdere le persone care e la propria identità al suo posto un numero viene tatauto sul braccio sinistro, ma quello non è la vergogna di chi lo possiede ma di chi la fatto, come dice la signora Liliana nella sua intervista. Ma anche solo non cedere alla grande tentazione di uccidere un’uomo che si odia, resistere al senso di vendetta è dura, non abbassarsi al livello di persone che si credono superiori è questo quello che, secondo me, dice la signora.

  • Brik scrive:

    proffffff questàà maledetta connnnnnnessssion

  • Brik scrive:

    Posso capire che voi c’elabbiate con i Nazisti ma daltra parte le persone buone tedesche dovevano seguire per forza la riforma. Con questo non sto negando che esistette gente che era sadica e provava piacere nel fare queste cose.
    Nella guerra comanda il poù forte e la miglior cosa da fare è farel’amico del giaguaro.
    Con questo vorrei chiudere vil mio commento: non siamo impulsivi nel giudicare ma ragioniamo prima di spalare “ciocolato” (anche se è un doppio senso)addosso a chi è colpevoleperchèpuò avere dellre valide ragioni.

  • Giuly scrive:

    Io non posso neanche immaginare il dolore che anno provato gli ebrei e solo a pensarci o a vedere una foto dei campi mi fa provare tanto di quel dolore da odiare i nazzisti, persone crudele, gelide. E tanta di quella rabbia che non mi piace tanto parlare di questi argomenti, ma non perchè non mene importa niente, ma perchè non posso credere che esistano delle persone così crudele.

  • Saretta98 scrive:

    Secondo me è molto istruttiva e soprattutto si capiscono le vere emozioni provate dai prigionieri ebrei.
    La donna è quella che mi ha trasmesso più emozioni perchè a capito che non ci sono razze umane e per quel poco si è sentita orgogliosa di se stessa e come dice Fabi era orgogliosa del numero che portava al campo

  • Fabi scrive:

    Dopo questa intervista si capisce meglio ciò che provi ad essere rinchiusa in un campo di concentramento,diciamo che questa signora ha riflettuto in questo campo e quando si è spogliato quell’uomo ai suoi piedi lei al posto di ucciderlo anche se con la sua mente l’avrebbe fatto non lo ha ucciso perchè ha capito la differenza che c’era tra lei e il suo assassino,cioè che lei era intelligente che non avrebbe mai ucciso una persona soltanto perchè era diversa da lei.
    Questa persona dice che andava fiera del numero che portava al campo ,anche se a parlane le pesa un po.

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