In occasione del Giorno della Memoria alcuni studenti e alcune studentesse hanno realizzato delle interviste.
Ascoltatele sia qui che, fra qualche giorno, su Radio USB di Raga Radio!
Rinfreschiamoci la memoria! Sara intervista amici e conoscenti sul 27 gennaio [2:36m]: Play Now | Play in Popup | Download
Rinfreschiamoci la memoria! Interviste all'oratorio [6:21m]: Play Now | Play in Popup | Download
Intervistatrice: MILENA
Intervistato: NONNA
M:Tu hai vissuto questa situazione?
N:No,non c’ero ancora
M:Tua mamma ti ha raccontato qualcosa?
N:Si,mi ha detto che non avevano pieta per gli ebrei. Sapevano che gli ebrei erano abbastanza ricchi e per avere quello che avevano gli ebrei li uccidevano e si impossesavano di tutto.
M:Tua mamma ha visto qualche ebreo
N:Si,li ha visti anche mentre si nascondevano
Ho fatto altre interviste a Bonola con la fabi ma non capisco perchè molte persone non vogliono farsi intervistare non li capisco .
Inervistatrice: AFRA
Intervistato: ANTONELLA
AFRA: Antonella, tu sai che giorno è oggi?
ANTONELLA: Certo, è il giorno della memoria.
AFRA: Sai che cosa si celebra?
ANTONELLA: La commemorazione della sterminazione degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, la shoa.
AFRA: Per te è importante e credi sia utile aver istituito un giorno che ricordi questi avvenimenti?
ANTONELLA: Certo perchè sono stati avvenimenti profondamente significativi nella storia dell’umanità e sono morte molte persone.
AFRA:Hai visto un film o letto un libro sull’ argomento? Se sì, ci puoi racontare la trama?
ANTONELLA: Ho letto un sacco di anni fa i8l diario di Anna Frankma non me la ricordo la trama, mi dispiace, ricordo solo che è stato molto bello.
AFRA: Avresti avuto l’enorme coraggio di correre dei rischi per nascondere un ebreo?
ANTONELLA: Penso di sì.
AFRA: Sai cos’è il binario 21?
ANTONELLA: Il binario da dove partiva il treno con gli ebrei per portarli nei campi di concentramento.
AFRA: Grazie dell’intervista, è tutto.
Io ho scelto questo video, perchè mi sembrava molto interessante e riguardante questo argomento.
http://www.youtube.com/watch?v=k6t813gvAZQ&feature=related
Questo è il link per “canzone per un amico” di Ted Bundy vi consiglio di ascoltarla.
http://www.youtube.com/watch?v=otBtWNSt9o8
Io non trovo però che si avvicini molto al tema di cui parliamo qui…
Ho trovato questo video sul giorno della memoria, è un servizio del tg1.
Alcuni video (link) sul giorno della memoria:
http://www.youtube.com/watch?v=0QrhK3rXPr0&NR=1
http://www.youtube.com/watch?v=-Dswm_bsyoY&feature=related
Secondo me l’ olocausto è stato uno sterminio contro gli ebrei. Questo sterminio non aveva nessuna ragione per essere attuato. Un grosso errore che è stato fatto in passato, che non va mai più ripetuto, è stato quello di non capire altre etnie e di far prevalere la propria.
Vi allego un video di un sopravvissuto a Auschwitz
http://www.youtube.com/watch?v=91RySp-fIL4
Ho trovato la trama del film “Schindler’s List”
http://www.youtube.com/watch?v=hx2i1uiO0MU
Ho trovato anche una immagine del film “La vita è bella”
http://www.copertinedvd.net/L/La%20vita%20%C3%83%C2%A8%20bella.jpg
Ho fatto un intervista a mia nonna che quando c’era la guerra aveva appena 8 anni.
G.Cosa facevi quando ‘era la guerra?
N.Mio padre cercava il cibo e io scappavo all’arrivo
delle bombe
G.Come ti sentivi quando vedevi altre persone in preda al panico?
N.Ero molto triste,speravamo che non ci cadesse una
bomba in testa
G.Hai mai visto morire una persona davanti a te?
N.Fortunatamente no,sarebbe stato uno shok
G.è accaduto qualcosa ad un tuo parente?
N.Una volta mio padre è stato catturato dai tedeschi.
Stava per andare nei campi di concentramento quando
un suo parente lo salvò perchè parlava tedesco
G.Per te bisogna far ricordare il giorno dlla Memoria
a tutti i ragazzi?
N.Si,perchè la storia è importante e anche sono morte molte persone
Il giorno della memoria non è un giorno come tutti gli altri, il suo vero significato ognuno lo interpreta a modo suo, infatti anche io ho una mia interpretazione del giorno della memoria. Secondo me il giorno della memoria deve farci capire che cosa significava per gli ebrei e gli altri essere trattati in quel modo.
Per farci capire come venivano trattati gli ebrei la nostra prof. di italiano il giorno della memoria è entrata in classe e ha detto ad alcuni che non potevano parlare, ad alcuni che non esistevano e ad altri che avevano poca considerazione.
Perciò io reputo il giorno della memoria un modo per far capir a certe persone che dicono di essere nazziste, che dicono viva Hitler o varie cose simili, che in verità non sanno cosa dicono e non riescono a ragionare con un po’ di testa perchè secondo me Hitler ha fatto una cosa inconcepibile.
scusate ecco altri link
ecco qui un link
Intervista a SIMONE MODENA
Modena è un ebreo di Ferrara che all’età di 14 anni ha vissuto la crudelissima esperienza dei
campi di concentramento. È riuscito a sopravvivere nonostante fosse circondato dall’inferno e
privato dell’amore e del calore della madre che, appena arrivata nel campo di Auschwitz, fu
portata nei forni crematori e condotta ad una ferocissima morte. Ora Simone vive a Roma e
nonostante la sua avanzata età riesce a sentire, a provare e ricordare le inconcepibili
esperienze e sensazioni che ha vissuto quando ero nel campo. Ritiene che sia fondamentale
che tutte le persone, in particolare i giovani, siano a conoscenza dei fatti realmente accaduti,
in modo da non ripetere nel corso della storie una discriminazione così violenta ma e poi mai!!!
Proprio per questo motivo vuole raccontare la sua storia nei minimi dettagli, dal momento in
cui entrarono in vigore le leggi razziali in Italia. Modena vuole mantenere vivo il ricordo e
tramandare di generazione in generazione tutte le orribile cose accadute e quindi vuole
mantenerle lucide nella mente delle persone in modo da non farle mai morire e tramontare!!!
Quando iniziò la persecuzione degli ebrei in Italia?
– Tutto iniziò nel settembre del 1938 quando il regime fascista di Mussolini approva l’entrata in
vigore delle “leggi razziali” in Italia. A noi ebrei venne proibito di entrare nei locali pubblici,
nelle scuole pubbliche,di svolgere la propria professione,di praticare sport, di scrivere libri, di
insegnare. Tutto era un divieto. Ci obbligarono a portare ben in vista una stella gialla a sei
punte. Io,allora, ero un bambino di otto anni e vivevo a Ferrara con la mia famiglia ,papà,
mamma e le mie due sorelle più piccole, Anna e Franca. Quando ritornai a scuola dopo le
vacanze estive, la maestra mi disse che non potevo entrare in aula perché ero ebreo. Da
quell’istante il mio mondo cadde in frantumi, mi girava la testa ,le parole della maestra mi
echeggiavano nelle orecchie, un nodo in gola non mi permetteva di respirare e piansi perché
non capivo. Perchè la maestra,che mi voleva tanto bene aveva detto quella frase, cosa c’era di
diverso in me rispetto ai mie compagni di scuola? Non seppi trovare mai un risposta a quella
domanda.
Eravate informati di quello che sarebbe accaduto?
– Il peggio doveva ancora accadere. Eravamo ignari di quello che sarebbe accaduto negli anni
successivi e speravamo che tutto questo sarebbe finito al più presto per ritornare a vivere una
vita “normale”. Ma il tempo passava e la nostra vita era sempre più dura, piena di frustrazioni,
di tristezza e di solitudine. Il 7 aprile 1944, mentre festeggiavamo la Pasqua ebraica,
sentimmo arrivare un camion seguito da un’auto, capimmo subito che erano le spaventose SS.
Un brivido di terrore passò per tutto il mio corpo, guardai terrorizzato mia madre e il suo viso
era impietrito, le mie sorelle iniziarono a piangere ed io presi mia madre per mano,lei mi
accarezzò dolcemente. Le SS arrivarono alla nostra porta, entrarono, iniziarono ad urlare come
cani arrabbiati, ci spinsero, ci colpirono con il calcio dei fucili, ci trattarono come bestie, come
carne da macello, ci ordinarono di preparare un po’ di cose e poi ci scaraventarono giù per le
scale. Salimmo sul camion, eravamo terrorizzati. Continuavo a chiedermi perché tutto
questo,quali colpe avevamo commesso per essere trattati in quella maniera?Era tutto
inconcepibile, senza senso.
Dove vi portarono le SS?
– Ci portarono nelle prigioni e ci picchiarono. Il giorno dopo ci fecero risalire sul camion e ci
portarono a FOSSOLI,una località vicina a Carpi. Qui, insieme a tanti altri ebrei, rimanemmo
per altri due giorni. Il terzo giorno ci fecero uscire tutti dai capannoni e fuori ad aspettarci c’èra
un treno i cui vagoni erano adibiti a carico bestiame. Noi saremmo dovuti salire su quel treno
per una destinazione ignota. In ogni vagone eravamo in 80, stipati come oggetti. Continuavo a
chiedere a mia madre perché tutto questo, perché tanta violenza,tanta disumanità,tanta
cattiveria. Mia madre mi disse di pregare Dio affinché riportasse alla ragione quegli uomini.
Come è avvenuto il viaggio?
– Il viaggio durò due giorni, fu straziante. Immersi nei nostri escrementi, fame, sete e caldo ci
tormentavano. Molti erano svenuti, c’era chi piangeva, chi urlava, chi pregava, chi aveva perso
la parola. Il treno rallentò, fischiò per avvisare del suo arrivo, un fischio gelido, nonostante il
caldo, carico di angoscia. Qualcosa di orribile stava succedendo, un brutto presentimento
pervase tutto il mio corpo e la mente. Strinsi sempre più forte la mano di mia madre, le mie
sorelline piangevano,erano esauste, mio padre non parlò per tutto il viaggio, era invecchiato di
vent’anni. Eravamo arrivati nell’inferno di AUSCHWITZ in Polonia.
Quali sono state le prime sensazioni e immagini che hai provato e visto una volta
arrivato ad Auschwitz?
– Ci fecero scendere dal treno,a fatica riuscivamo a rimanere in piedi dalla stanchezza, le SS
schierate come cani urlavano parole incomprensibili, ci fecero mettere in fila , bastonando
vecchi,bambini chiunque fosse in ritardo, senza rispetto, senza un minimo di umanità. Io
continuai a stare aggrappato alla mano di mia madre, mentre mia sorella Anna era in braccio a
lei , mia padre con in braccio Franca era davanti a noi. Non capivo più niente, sentivo solo urla,
gemiti, ci spingevano , ci picchiavano poi ci costrinsero a formare due file: uomini a sinistra e
donne a destra. Spinsero mia madre e Anna in una fila diversa dalla mia , non volevo
staccarmi da lei , mi picchiarono con il manganello, obbligandomi a lasciare mia madre.
Strapparono dalle braccia di mio padre mia sorella Franca e la buttarono nella fila delle donne.
Urlava, piangeva, poi fortunatamente fu anche lei in braccio a mia madre. Le vidi allontanarsi,
gli occhi di mia madre pieni di lacrime incrociarono per un solo attimo i miei, mi gridò alcune
parole che nella confusione non capii. Fu l’ultima volta che vidi mia madre e le mie sorelle.
Ripresi un attimo coscienza che sarei dovuto stare vicino a mio padre, lo cercai con gli occhi e
lo trovai qualche fila davanti da me,corsi da lui e lo presi per mano, egli mi guardò, aveva uno
sguardo spento,assente. Cosa stava succedendo a mio padre, avevo bisogno di lui doveva
ritornare sé stesso. Mi strinse forte la mano e mi trasmise sicurezza, mi rilassai, pensai che
con lui sarei stato al sicuro.
Dopo aver ritrovato tuo padre cosa è accaduto?
– Qualcuno chiese a un deportato detenuto che parlava un po’ d’italiano dove erano stati
portati le donne e i bambini. Alzò la mano ed indicò un camino dal quale usciva un fumo denso
e dolciastro. Ma cosa stava dicendo, pensai confuso, è sicuramente impazzito. Sta forse
sostenendo che uomini, donne, bambini vengano bruciati senza che nessuno si ribelli, senza
che il mondo non intervenga per mettere fine a questa mostruosità. NO, MI RIFIUTAVO DI
CREDERE ALLE PAROLE DEL DETENUTO, NON POTEVA ESSERE VERO, SI STAVA PRENDENDO
GIOCO, IN MODO CRUDELE ,DI NOI.
Purtroppo quelle parole erano vere e ben presto ne avrei
avuto la prova. Continuando a marciare, non lontano da noi, delle fiamme salivano da una
fossa. Ebbi un brivido di terrore, stava bruciando qualcosa, erano dei bambini,forse c’erano
anche le mie sorelline…Si avevo visto con i miei occhi e non potevo più non credere.
Cosa hai provato dopo aver visto quello che avveniva nel campo?
-Pensai che presto mi sarei svegliato da questo brutto incubo, ma non fu così, non mi svegliai
perché il sonno non mi fece compagnia per molto tempo. La marcia continuò fino ad arrivare in
un locale, qui ci perquisirono, ci costrinsero a spogliarci nudi, ci portarono sotto la doccia, ci
rasarono ed infine ci tolsero l’unica cosa che ancora possedevamo il nostro nome e lo
sostituirono con un numero marchiato sul nostro braccio. Dov’era finita la nostra dignità? Ci
misero nella baracca destinata a noi italiani, rimasi insieme a mio padre ancora per un po’ di
tempo, finchè una mattina al momento dell’appello mio padre, sempre più scheletrico e sfinito,
non passò la selezione e fu mandato nelle camere a gas. Non piansi, non pianse neppure lui ,
eravamo inariditi senza più sentimenti, privati della nostra vita, non so cosa provai in quel
momento. L’unica certezza era quella di trovare cibo, una doppia razione di zuppa, questo era
l’unico pensiero che avevo. Non volevo più amare nessuno e non volevo più essere amato.
Quale era il tuo lavoro nel campo?
– Il mio lavoro consisteva nel dividere le singole parti di aerei abbattuti e caricarle sui camion.
Pensai più di una volta che non ce l’avrei fatta a sopportare ancora per un giorno tanta fatica
in quelle condizioni fisiche. Ero ridotto in un scheletro,sembravo un cadavere. Mi nascondevo
per qualche pausa di riposo e molto probabilmente qualcuno,SS o kapò, fece finta di non
vedermi. Forse fu anche per questo motivo che mi salvai. Arrivò l’inverno,ed era
particolarmente rigido, la neve era abbondante e grigia di ceneri, i forni continuarono a
funzionare a ritmi sempre più frenetici. Ero sempre più magro, affamato, infreddolito,sfinito e
spento.Ci costringevano a correre nudi in mezzo la neve, molti morirono così. Non so quanto
avrei resistito ancora…
Vi eravate resi conto che qualcosa stava per succedere?
– Era il 20 gennaio del 1945, circolavano voci che le truppe sovietiche stavano per raggiungere
i campi e il fronte nazista era ormai sconfitto. Da quel giorno i nazisti sembravano impazziti e
decisero di lasciare i campi costringendo i prigionieri alle marce forzate, conosciute
come”marce della morte”. In quelle condizioni ben pochi sarebbero sopravvissuti. Solo alcuni
non in grado di marciare furono lasciati nel lager , io scelsi la marcia e nel buio riuscii a fuggire
e ritornai nel campo ormai abbandonato completamente dai nazisti. Mi ritrovai insieme ad altri
compagni sventurati come me. Era il 26 gennaio, la mattina dopo sentimmo delle voci ,
qualcuno bussò violentemente alla porta, andai ad aprire, mi trovai davanti un giovane soldato
russo. Rimase muto, le lacrime scendevano dal suo viso,sbigottito nel trovarsi di fronte 60
larve umane, che non riuscivano nemmeno a camminare per la prostrazione fisica.
Quale è stato il primo sentimento che avete provato?
– Da parte mia e dei miei compagni , non un’emozione, non un sussulto di gioia, non un
minimo di commozione. Solo una gelida indifferenza. Cosa c’era da festeggiare in quell’inferno
di morte. La ferocia della prigionia ci aveva annientati dentro. La dignità umana era sparita e la
speranza, anche di fronte all’evidente liberazione, annullata. Mi ci volle parecchio tempo per
ricominciare a vivere, per iniziare di nuovo a pensare alla casa abbandonata, ai familiari persi,
agli affetti distrutti. Fui ricoverato in un sanatorio per un anno. Passò ancora molto tempo per
riprendere coscienza della mia dimensione umana.
Quale fu il motivo per il quale hai deciso di raccontare la tua storia?
-Raccontare la mia storia, che è anche la storia di milioni di persone, non è facile e per molto
tempo non vi riuscii. Poi ho fatto una forzatura su di me perché il mondo, i giovani, devono
sapere quanti innocenti sono stati uccisi , quante barbarie si sono consumate . Che la loro
morte non sia stata inutile , che l’odio, la discriminazione, l’intolleranza non siano più nei cuori
e nelle menti delle persone . CHE IL MONDO RICORDI AFFINCHE’ LA STORIA NON SI RIPETA
MAI PIU’.
Ho scelto anche questo video perchè l’uomo che sta parlando aveva la nostra età quando è entrato nel campo. E per far vedere anche cosa facevano i nazisti nel campo e come li trattavano.
IO HO TROVATO QUESTO VIDEO la cosa che mi ha molto impressionato in questo viedo è stato quando il signore dice che lui in alcuni momenti avrebbe desiderato la morte.
scusi prof ma dove metto il giallo 😆
Ho trovato questa intervista su un’uomo Testimone di Geova
Auschwitz. Perché ricordarlo? Perché fu progettato per sterminare con cinica intelligenza ed efficienza.
10.000 persone al giorno venivano uccise e date alle fiamme. Ad Auschwitz secondo alcune stime morirono circa 1.500.000 di ebrei, 1.000.000 di prigionieri politici, oltre agli zingari, gli omosessuali, ed i testimoni di Geova.
Era una fila interminabile, uomini donne e tanti bambini che venivano inviati ogni giorno alle camere a Gas. Vi rendete conto di cosa significa vivere in quelle condizioni? Giorno e notte uscivano fumo e fiamme dai forni crematori.. con scintille ben visibili. Era una fila interminabile di uomini di tutte le regioni d’Europa.. che erano figli, sorelle, padri, madri, tutti con una propria vita, tutti che dovevano ugualmente morire.
Auschwitz era il posto dove chi sopravviveva, veniva privato di ogni diritto. Non poteva avere ricordi, anche il ricordo dei familiari, il senso della famiglia veniva schiacciato dall’esigenza di sopravvivere.”
Questo Terracina non se le è mai perdonato. Questo sentimento accomuna tutti quelli che hanno fatto ritorno. Quando è arrivato è arrivato con la sua famiglia di 8 persone. Sono tutti morti ad Auschwitz.
“Ad Auschwitz il prigioniero non aveva nome, gli internati non erano contati come persone ma come pezzi. Ai prigionieri veniva tolto ogni dignità. Di quelli usciti dal campo vivi, pochissimi sono riusciti a sopravvivere, e a tornare ad essere persone degne di essere chiamate tali.
L’efficiente macchina bellica tedesca, non sprecava nulla. Anche dopo la morte tutto veniva usato e riciclato, la pelle, i capelli, dei prigionieri…
Auschwitz non è solo colpa della Germania. Anche altri governi furono carnefici di questo male. Il governo francese dopo l’armistizio ha consegnato tanti ebrei ai nazisti. Eppure in altri paesi come la Danimarca questo non è successo. Il Re si oppose alla deportazione. Si mise anche lui la stella che contrassegnava gli ebrei, fece pressioni sul popolo e questo blocco la deportazione degli ebrei danesi.
Perché questo in Italia non accadde? Anche in Bulgaria.. [un governo fascista che aveva adottato la politica sulla razza adottata dal governo fascista italiano], gli ebrei furono salvati dallo sterminio. Perché questo in Italia non accadde?
SE QUALCUNO CHE POTEVA SI FOSSE OPPOSTO, NON CI SAREBBE STATE NESSUNA DEPORTAZIONE.
In Italia gli ebrei sono presenti da circa 2300 anni. Eppure questa civiltà fu negata. Agli ebrei era vietato non solo l’avere ma anche essere.”
Piero racconta: “Ero un ragazzo felice, l’ultimo di una famiglia di otto persone, protetto dall’affetto di tutti. Tre giorni prima avevo compiuto 10 anni. il 15 novembre come tutti gli altri giorni entrai in classe e mi diressi verso il mio banco ed ebbi la sensazione che i miei compagni mi osservassero in modo insolito. L’insegnante fece l’appello ma non chiamò il mio nome; soltanto alla fine mi disse che dovevo uscire e alla mia domanda: ‘Perché? Cosa ho fatto?’ Mi rispose : ‘Perché sei ebreo.
Mi sentii smarrito, provavo rabbia e mi rendevo conto che stavo subendo una terribile ingiustizia. Ero stato educato all’ amore per lo studio e mia madre non tralasciava occasione per ricordarmi che riuscire nello studio era il mezzo per riuscire nella vita e pensai subito alle sue parole. Andai con il pensiero al mio futuro e mi vedevo costretto a dover svolgere i lavori più umili per vivere. E poi gli amici. Erano tutti lì in quella classe. Avrei potuto averli ancora come amici? No, non fu possibile. Non è mai arrivata una telefonata di un genitore per avere notizie. Tutti spariti. Ci sarà pure stato qualcuno che non era fascista, eppure nessuno ha mai mostrato indignazione per quello che stava accadendo ma neppure solidarietà. Evidentemente era una cosa che non riguardava la gente,ma riguardava gli altri e gli altri eravamo noi Ebrei.
Passai subito alla scuola ebraica che era stata organizzata in tutta fretta per accogliere quel gran numero di ragazzi cacciati dalle scuole di ogni ordine e grado (anche non governativa, recitava la legge). Non fu certo difficile formare un corpo insegnante molto valido per il fatto che tutti i docenti ebrei dalle elementari all’università avevano dovuto abbandonare anch’essi la scuole pubbliche e si erano improvvisamente trovati senza lavoro.
Il primo anno, in quinta elementare, fu un anno di transizione. Molti disagi anche per la mancanza di spazi adeguati. Nacquero però subito tra i correligionari, che in precedenza non avevo mai frequentato tranne i miei cugini, delle nuove amicizie e alcune delle mie amicizie di oggi sono ancora quelle nate allora. Poi l’anno successivo le medie, in quella che era certamente una scuola diversa, non solo per la capacità che gli insegnanti dimostravano nella disciplina che erano chiamati ad insegnare, ma anche per la loro qualità di educatori. Alcuni conoscevano le nostre famiglie e se lo ritenevano necessario ci seguivano anche al di fuori della scuola. Ho un ricordo molto bello dei miei insegnanti e in particolare del preside, il professor Cimino, un giovane professore non ebreo che era stato nominato dal Ministero. Entrava spesso nelle classi e ci incitava a studiare perché, diceva, voi e soltanto voi dovete e potete dimostrare che, malgrado quello che vogliono far credere non siete inferiori agli altri giovani della vostra età e queste parole erano per noi uno stimolo molto importante.
Ma quella scuola funzionò soltanto fino all’anno scolastico 1942/44. Poi con l’ 8 settembre e l’occupazione tedesca ci fu il precipitare degli eventi: la fuga dalle nostre case braccati dai fascisti, la consegna, me e i miei familiari insieme a migliaia di nostri correligionari, ai loro alleati tedeschi per essere portati a morire per gas nei lager dell’est e per essere dati alle fiamme nei forni crematori. Fummo traditi per 5000 lire a persona da un ragazzo fascista che tra l’altro corteggiava mia sorella. 8 persone totale 40.000 lire. A quei tempi era una bella cifra. Vennero 7 SS in pieno assetto di guerra, urlando cose incomprensibili. Eravamo tutti insieme per festeggiare la pasqua ebraica.
Fummo portati a Fossoli, e poi ad Auschwitz. “Visitando il campo di Fossoli questa mattina, [Ndr. il museo di Carpi , nella piazza centrale. L’ex- campo di Fossoli è nella periferia di Carpi.] Piero è rimasto sorpreso vedendo fra i 15.000 nomi incisi nelle pareti della “sala dei nomi” del museo a caso, per primo il nome della sua mamma. Questa cosa l’ha molto colpito.
Non possiamo raccontare tutto quello che ha raccontato ma la cosa più grave per lui e per tutti é l’indifferenza che ha visto negli altri, i che non fecero caso a questi treni merce riempiti all’ inverosimile, dove uomini donne e bambini furono rinchiusi sette giorni, senz’acqua in mezzo ai loro escrementi. Nelle stazioni nessuno che li degnasse di un solo sguardo, anche distratto.Tutto nella indifferenza.. Nessuno fece nulla.
Piero ad un certo punto si ferma. Dice: “non vi racconto le altre sofferenze perché secondo me, esiste un limite alla credibilità dell’orrore”.
Dopo l’incontro Piero risponde a microfoni aperti ad alcune domande:
Dopo un esperienza come questa come è stato il suo ritorno alla vita?
Quando siamo stati liberati, pesavo 38 chili. Io camminavo, ma erano tanti quelli che non si tenevano in piedi. Dopo un po’ li crollai, dopo fui portato dai russi in un ospedale militare. In seguiti fui portato nell”ospedale di Leopoli. Li..ripresi a piangere e presi coscienza di quello che era stato perpetrato da persone normali ai nostri danni.
Dopo qualche tempo fui mandato in un sanatorio nel mar Nero. Li ho ripreso ad avere amicizie, lì sono nati alcuni affetti come quell’ infermiera che mi ha curato. Sono rientrato in Italia dopo un anno. Fu in Unione Sovietica che ripresi a vivere ..ricordo ancora oggi la mia prima partita a pallone…
Arrivato in Italia mi sono sentito solo con il peso della solitudine. Amici ebrei mi hanno offerto un lavoro, allora non sapevo fare nulla, ma ne avevo bisogno, alcuni cugini scampati mi hanno offerto il sostegno. Quello che è stato determinante per il mio recupero sono stati gli amici, che mi hanno fatto sentire un ragazzo come loro. Uno che è stato ad Auschwitz non può più essere una persona normale. Ho ripreso a lavorare, questo mi ha fatto fare dei progressi.
Pensando a me stesso.. le gioie le apprezzo di più degli altri. I dolori li accetto..ma non accetto ancora la perdita della mia intera famiglia ad Auschwitz.
Cosa pensa degli storici revisionisti, cioè chi nega l’olocausto?
Ne conosco diversi, comunque io li definirei pseudo-storici. Io sono la prova che l’Olocausto è successo. Sulla storia della deportazione degli ebrei italiani dal ’43 al ’45 verso i campi di sterminio, un contributo risolutivo è rappresentato dal “Libro della memoria” di Liliana Picciotto Fargion, frutto di una ricerca decennale, rigorosa e sistematica documentazione dedicata agli ebrei italiani sterminati nei campi nazisti; ha il grande merito di aver restituito un volto ed una storia ad ognuna delle migliaia di vittime.
I deportati ebrei dall’Italia tra il ’43 e il ’45 furono 8566 oltre un numero imprecisato di ebrei stranieri o italiani che non erano iscritti alle comunità ebraiche che portano il totale a ben oltre 9000.
Vivevano in Europa 9.000.000 di ebrei, dopo la guerra ce ne erano 3.000.000. Dove sono andati gli altri?
Cosa pensa delle altre minoranze perseguitate?
Li metto tutti al stesso piano. Il popolo zingaro è un popolo di grande cultura, che che se ne dica. Oggi è vero alcuni di loro si sono dati al furto. Siamo stati noi a fare scomparire i loro mestieri. Il creare recipienti di rame era il lavoro degli zingari. Gli abbiamo sempre perseguitati. In questi giorni è stato data la cattedra a Trieste a Santino Spinelli di lingua e cultura zingara. Se gli diamo la possibilità di emergere non c’è nessuna razza, non c’e’ la razza inferiore o razza superiore. Diamogli il tempo e la possibilità. Ho visitato un campo zingari a Roma ed ho avuto l’impressione di essere tornato ad Auschwitz. Non cerchiamo di emarginarli ancora.
Ad Auschwitz ho visto morire 9000 zingari in una notte. Famiglie che vivevano insieme nel campo affianco al mio separati da fili spinati elettrificati,[ per loro non era stata decisa la soluzione finale], loro avevano tutti i capelli, cantavano, c’era gioia nel loro campo, ..eppure è bastata una notte.. e dopo il silenzio.. tutto il loro blocco era stato evacuato. Quella notte in 9000 erano stati mandati nelle camere a gas. Per fare spazio ad altri prigionieri… Ogni giorno non sapevi se saresti stato tu il prossimo…Funzionava così ad Auschwitz.
Qual’era il rapporto tra la chiesa cattolica, il clero in generale riguardo all’olocausto? Alcuni sostengono che la chiesa poteva avere un ruolo in primo piano nel limitare i morti, altri sostengono invece che la chiesa cattolica fece tutto quello che poteva fare. Lei che ha vissuto questi anni cosa ne pensa?
Quando io e la mia famiglia era braccata dai nazisti, abbiamo chiesto rifugio bussando a diverse porte. Abbiamo trovato un convento cattolico, che ci avrebbe ospitato. Ma voleva una retta. Non se ne fece niente per motivi famigliari. La nostra famiglia era di 8 persone. Era difficile andare avanti in quel periodo. Non potevamo svolgere nessun lavoro.
Alcuni persone buone ci ospitarono, ricordo un custode di un palazzo che ci fece dormire nelle cantine e ospitò alcuni miei famigliari anziani.
Gli ebrei di Roma furono portati nel collegio militare, e prima di essere deportati, rimasero lì due lunghi giorni.
Se il pontefice Papa Pio XII, fosse uscito e fosse andato davanti al collegio militare (distante 200 metri) , e avesse allargato le braccia come fece in altre occasioni, e avesse detto qualcosa sul salvare quelle persone, [come invece fu fatto dal re della Danimarca o dal governo fascista Bulgaro]..lui non avrebbe subito nulla e almeno 1008 persone sarebbero state salve.
[ Tra le 1008 che furono prelevati, ci fu anche un bambino nato la notte prima. Fu uno dei tanti bambini senza nome che morì ad Auschwitz.] Di queste 1008 persone che partirono per Auschwitz ..tornarono vivi in sedici.
La storia dice che Kappler fece partire il convoglio dei deportati romani due giorni dopo aver comunicato ad Himmler che non c’era stata nessuna reazione. NESSUNA REAZIONE.
La storia ci dice che in Germania prima dell’ eccidio degli ebrei, si voleva fare una prova tecnica di sterminio contro i 70.000 handicappati. Questo sterminio fu fermato grazie all’intervento della chiesa Luterana e cattolica. Questo intervento non ci fu quando si parlò dell’eccidio degli ebrei. Questo è un dato significativo.
Ha conosciuto dei deportati Testimoni di Geova ad Auschwitz? [Domanda fatta a microfoni spenti dopo l’incontro]
No. So che due italiani testimoni di Geova furono uccisi nei campi di concentramento. Sicuramente nel campo c’erano dei testimoni tedeschi, ma io non ho avuto l’occasione di conoscerli.
Claudio Verniani
Molto interessante questa intervista. Grazie Fabi
Leggete:Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case;
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia ve lo impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi
Se questo è un uomo
Opere Complete -Einaudi)
…Emersero invece nella luce dei fanali due drappelli di strani individui. Camminavano inquadrati, per tre, con un curioso passo impacciato, il capo spenzolato in avanti e le braccia rigide. In capo avevano un buffo berrettino, ed erano vestiti di una lunga palandrana a righe, che anche di notte e di lontano si indovinava sudicia e stracciata. Descrissero un ampio cerchio attorno a noi, in modo da non avvicinarci, e, in silenzio, si diedero ad armeggiare coi nostri bagagli, e a salire e scendere dai vagoni vuoti.
Noi ci guardavamo senza parola. Tutto era incomprensibile e folle. Ma una cosa avevamo capito. Questa era la metamorfosi che ci attendeva. Domani anche noi saremmo diventati così.
(Primo Levi Se questo è un uomo Opere Complete -Einaudi)
...La memoria della maggior parte degli uomini è un cimitero abbandonato, dove giacciono senza onori i morti che essi hanno cessato di amare.
(Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano)
Ho letto questa testimonianza e mi ha colpito molto leggete anche voi:
Nedo Fiano, nato il 22 aprile 1925, al momento della promulgazione delle leggi razziali viveva a Firenze. Venne arrestato da italiani il 6 febbraio del 1944, rinchiuso nel carcere di Firenze, quindi da lì condotto al campo di Fossoli. Deportato ad Auschwitz il 16 maggio del 1944 assieme alla sua famiglia (11 persone in tutto), fu l’unico superstite. Fu liberato a Buchenwald, dove le SS in fuga lo avevano trasferito alla fine della guerra.
«Ciò che ha connotato tutta la mia vita è stata la mia deportazione nei campi di sterminio nazisti. Con me ad Auschwitz finì tutta la mia famiglia, vennero sterminati tutti. A diciotto anni sono rimasto orfano e quest’esperienza così devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita».
Dalla testimonianza di Nedo Fiano
Fiano ha raccolto i ricordi della sua famiglia e della sua esperienza nel libro “A 5405, il coraggio di vivere“, edito nel 2003. Nel titolo, il numero che porta tatuato sul corpo, segno indelebile nella memoria, quella stessa memoria che si impegna da decenni a trasmettere, in particolare alle giovani generazioni. Ma nel testo appare anche quel “coraggio di vivere” che, tornato nella sua Firenze, riesce a raccogliere per poter costruire una nuova famiglia e per sostenere il doloroso ruolo di testimone della Shoah. Laureatosi all’università Bocconi, Fiano ha svolto la professione di manager, ha tenuto conferenze e curato diverse pubblicazioni sul tema dell’Olocausto. Consulente di Roberto Benigni nel film “La vita è bella”, è intervenuto più volte in tv.
Quello di Nedo Fiano appare un messaggio sofferto ma fortemente radicato nel rispetto per la vita, quella vita portata avanti ancora e nonostante tutto, riempita con la ricerca del dialogo e della testimonianza. Una spinta costante, orientata con convinzione al racconto delle pagine drammatiche degli anni bui del nostro passato prossimo, come a dire che se il cuore dell’umanità trasuda lacrime e se la realtà della violenza supera ogni possibile immaginazione, una strada percorribile non è quella della disperazione, ma della irrinunciabile difesa della dignità dell’uomo e della cultura dei popoli.
Ho trovato questa intervista su internet a un prigioniero di guerra e mi è sembrata interessante.
Signor Rossetti innanzitutto quando e dove è nato?
«Sono nato a Mirabella Eclano il 22 maggio 1919».
Quando si è arruolato?
«Mi sono arruolato nel 1938 nell’aeronautica militare. Dopo un periodo di addestramento, esattamente nel 1940, sono entrato nella 203° squadriglia da bombardamento».
Quando fu catturato?
«Fui catturato l’8 settembre 1943 in Albania… a Tirana. Ero la 120° persona della 203° squadriglia. Ricordo che i tedeschi erano ad un passo da noi. Il comandante ci fece salire tutti su un aereo. Eravamo quasi pronti alla fuga, ma il capitano dell’aeroporto non ci fece decollare e nel frattempo giunsero i tedeschi. Mi è rimasto impresso un episodio. Un sottotenente siciliano riuscì a decollare, a seminare i tedeschi e finalmente a ritornare in Italia. Noi, invece, fummo catturati. Dopo tre giorni i tedeschi ci fecero salire su un camion e infine con un treno- che veniva dalla Grecia e che attraversava la Bulgaria, la Romania, la Germania, la Cecoslovacchia, la Polonia- ci spedirono in Ucraina».
Dove la condussero quando giunse in Ucraina?
«Ci condussero al campo di concentramento 1/A. Arrivammo tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. Eravamo circa 800 persone. Faceva freddo. Dormivamo su un materasso molto sottile, avvolti in una coperta altrettanto sottile. Era sporco e per colazione ci facevano bere un the che sapeva poco di the e molto di acqua. A pranzo mangiavamo una brodaglia con qualche carota o patata e una fetta di pane (200g di pane nero) con 10g di margarina. La sera l’identica brodaglia…e questa volta senza pane. La mattina ci svegliavamo alle quattro. Ci inquadravano e ci contavano. Alle sei andavamo a lavorare».
Lei dove lavorava?
«Io fui destinato alle ferrovie; altri, invece, furono mandati nelle polveriere o nella campagne.
Ha visto qualche persona morire?
«Le persone malate venivano condotte in ospedale e poi il più delle volte non facevano ritorno».
E’ sempre stato nel campo 1/A?
«No. A marzo del 1944 ci portarono nel campo di concentramento 5/A di Ludwigsburg e in seguito al 13/B di Norimberga. Nel 5/A mi mandarono a lavorare in una fabbrica di motori, mentre nel 13/B fui spedito alla “Nural”, dove facevo l’attrezzista».
Ha mai subito delle torture?
«Sì. Una volta il capo della fabbrica ci chiese di andare a lavorare di domenica perché c’era molto da fare. Per lo straordinario ci avrebbe dato un compenso. Difatti regalò a ciascuno una fetta di pane. Quando ritornammo al campo ci fecero mangiare. Le SS vennero a sapere che in fabbrica ci avevano regalato del pane e perciò ci frustarono. Ricordo che era il giorno di San Giuseppe del 1944. Io riuscii a coprirmi le spalle e non mi fecero molto male, ma la maggior parte dei miei compagni il mattino seguente non riuscì ad andare a lavoro. Il capo dello stabilimento, quando venne a conoscenza dell’accaduto, rimproverò il comandante delle SS, le quali furono costrette a chiederci scusa. Alcune di loro non vollero farlo e quindi furono allontanate dal campo».
Di quale nazionalità erano i suoi… diciamo così “coinquilini”?
«C’erano italiani, polacchi, albanesi, bulgari, francesi…»
Durante la prigionia ha incontrato qualche ebreo?Come vivevano?
«A Norimberga gli ebrei- ovviamente prima di essere condotti nei campi di concentramento e poi di sterminio- vivevano come qualsiasi cittadino tedesco. I tedeschi, dopo qualche tempo, affissero dei manifesti- scritti in diverse lingue- con cui obbligavano i giovani ebrei ad arruolarsi e le donne ad andare a lavorare in fabbrica. Se non avessero rispettato tale ordinamento le conseguenze per loro sarebbero state “disastrose”. Sul manifestino c’era l’immagine di un uomo, che veniva definito”l’uomo invisibile”. Da lontano ti scrutava con fare minaccioso, ma, se ti avvicinavi, il suo volto scompariva».
Come e quando è stato liberato?
«Fu Mussolini a ridarci la libertà. Quando venne trovarci gli chiedemmo di farci scarcerare e, per fortuna, riuscì a convincere il fuhrer. Diventammo, così, lavoratori liberi. Ci pagavano anche, però io… ogni notte sognavo di toccare il suolo italiano.
Quando e come è rientrato in Italia?
«Gli americani ci trasferirono in una scuola, nell’attesa del rimpatrio. Eravamo circa 20.000 persone. Poi finalmente ci rimpatriarono e, quando giunsi a Verona, mi resi conto che anche in Italia tutto era cambiato».
Quali sono state le conseguenze della sua prigionia?
«Percepisco la pensione di guerra per il congelamento dei piedi e per il catarro bronchiale cronico».